Musei
Il Centro offre al visitatore l'opportunità di approfondire la conoscenza di un predatore per eccellenza, il lupo, che nei secoli ha sempre rappresentato un concorrente per l'uomo, tanto da essere protagonista di numerosi miti e leggende e, contemporaneamente, oggetto di una caccia spietata che in molte situazioni ha portato alla sua estinzione. Due spazi espositivi, siti in Entracque paese e in località Casermette, sono dedicati rispettivamente al rapporto uomo-lupo e alle caratteristiche comportamentali e relazionali dell'animale, con l'affascinante storia di Ligabue, un giovane maschio seguito grazie ad un radiocollare nei suoi spostamenti dall'Appennino parmense alle Alpi Marittime. Il Centro faunistico in località Casermette ospita, in un recinto di circa otto ettari, alcuni esemplari nati in cattività o vittima di incidenti stradali. Attraverso un tunnel, dentro cui si snoda un percorso di visita che presenta l'animale dal punto di vista naturalistico, si giunge nel mezzo dell'area in cui si trova la torretta di tre piani finalizzata all'avvistamento dei lupi.
Il Centro offre al visitatore l'opportunità di approfondire la conoscenza di un predatore per eccellenza, il lupo, che nei secoli ha sempre rappresentato un concorrente per l'uomo, tanto da essere protagonista di numerosi miti e leggende e, contemporaneamente, oggetto di una caccia spietata che in molte situazioni ha portato alla sua estinzione. Due spazi espositivi, siti in Entracque paese e in località Casermette, sono dedicati rispettivamente al rapporto uomo-lupo e alle caratteristiche comportamentali e relazionali dell'animale, con l'affascinante storia di Ligabue, un giovane maschio seguito grazie ad un radiocollare nei suoi spostamenti dall'Appennino parmense alle Alpi Marittime. Il Centro faunistico in località Casermette ospita, in un recinto di circa otto ettari, alcuni esemplari nati in cattività o vittima di incidenti stradali. Attraverso un tunnel, dentro cui si snoda un percorso di visita che presenta l'animale dal punto di vista naturalistico, si giunge nel mezzo dell'area in cui si trova la torretta di tre piani finalizzata all'avvistamento dei lupi.
La Grotta dei Dossi, scoperta nel 1797 nei pressi di Villanova Mondovì, si sviluppa per oltre un chilometro nel monte Calvario. Nell'Ottocento i visitatori giungevano i carrozza da Mondovì: per 9 lire le visite guidate includevano il pranzo e la sosta al santuario di Santa Lucia. E' sta la prima grotta scoperta in provincia di Cuneo e la prima in Italia illuminata con lampade elettriche. Si articola in un'eccezionale successione di corridoi e sale che mostrano bizzarre formazioni: i sali minerali disciolti nelle acque di superficie che colano nella cavità conferiscono alle concrezioni una particolare policromia. Alcuni ambienti hanno nomi evocativi: 'barca di Caronte, 'bagni di Venere', 'sala degli arazzi', 'sala del buon genio'.
La Grotta dei Dossi, scoperta nel 1797 nei pressi di Villanova Mondovì, si sviluppa per oltre un chilometro nel monte Calvario. Nell'Ottocento i visitatori giungevano i carrozza da Mondovì: per 9 lire le visite guidate includevano il pranzo e la sosta al santuario di Santa Lucia. E' sta la prima grotta scoperta in provincia di Cuneo e la prima in Italia illuminata con lampade elettriche. Si articola in un'eccezionale successione di corridoi e sale che mostrano bizzarre formazioni: i sali minerali disciolti nelle acque di superficie che colano nella cavità conferiscono alle concrezioni una particolare policromia. Alcuni ambienti hanno nomi evocativi: 'barca di Caronte, 'bagni di Venere', 'sala degli arazzi', 'sala del buon genio'.
La Grotta di Bossea, estesa per 2 chilometri, con un dislivello di 200 metri, si apre nell'alta Valle Corsaglia ed è il termine di un sistema carsico percorso da un torrente. La grotta è fra le più belle e importanti grotte turistiche italiane per varietà di concrezioni, grandiosità di ambienti, ricchezza d'acqua e laghi sotterranei. Il complesso attivo (cioè la zona in cui sono tuttora operanti i fenomeni carsici: l'acqua asporta 750-800 tonnellate di roccia l'anno) favorisce la conoscenza dell'ecologia sotterranea, studiata da una stazione di ricerca e controllo scientifico del CAI di Cuneo, a cui collabora il Politecnico di Torino. La vastità degli ambienti crea un paesaggio straordinario la cui fauna e flora contano 50 specie. Il percorso di visita consente di vedere un terzo circa della grotta attiva. La vigilia di ferragosto e il giorno di Santo Stefano nella grotta si tengono dei concerti.
La Grotta di Bossea, estesa per 2 chilometri, con un dislivello di 200 metri, si apre nell'alta Valle Corsaglia ed è il termine di un sistema carsico percorso da un torrente. La grotta è fra le più belle e importanti grotte turistiche italiane per varietà di concrezioni, grandiosità di ambienti, ricchezza d'acqua e laghi sotterranei. Il complesso attivo (cioè la zona in cui sono tuttora operanti i fenomeni carsici: l'acqua asporta 750-800 tonnellate di roccia l'anno) favorisce la conoscenza dell'ecologia sotterranea, studiata da una stazione di ricerca e controllo scientifico del CAI di Cuneo, a cui collabora il Politecnico di Torino. La vastità degli ambienti crea un paesaggio straordinario la cui fauna e flora contano 50 specie. Il percorso di visita consente di vedere un terzo circa della grotta attiva. La vigilia di ferragosto e il giorno di Santo Stefano nella grotta si tengono dei concerti.
Le grotte del Caudano sono state oggetto di mistero e curiosità fin dalla loro scoperta, avvenuta nel dicembre 1898 durante la costruzione del serbatoio dell'acquedotto della centrale idroelettrica di Fabriosa Sottana. Successivamente fu tracciata una via interna per renderle visitabili e agevoli durante il percorso di visita. Le grotte sono state giudicate, dopo un'approfondita e accurata esplorazione da parte di alcuni esperti in materia, le più estese in Italia e le più ricche di stalattiti e stalagmiti.
Le grotte del Caudano sono state oggetto di mistero e curiosità fin dalla loro scoperta, avvenuta nel dicembre 1898 durante la costruzione del serbatoio dell'acquedotto della centrale idroelettrica di Fabriosa Sottana. Successivamente fu tracciata una via interna per renderle visitabili e agevoli durante il percorso di visita. Le grotte sono state giudicate, dopo un'approfondita e accurata esplorazione da parte di alcuni esperti in materia, le più estese in Italia e le più ricche di stalattiti e stalagmiti.
In località Guia, vicino all'omonima cascata, si trova la prima miniera d'oro delle Alpi, scoperta nel 1710. Tra le miniere ossolane, quelle di Macugnaga sono le miniere aurifere più importanti d'Italia. In particolare, la miniera della Guia costituisce uno dei luoghi da cui si ricavava l'oro presente come impurità nei minerali di pirite e di quarzo. La massima produzione è concentrata tra il 1937 e il 1945 (nel 1942 furono estratte 40.000 tonnellate di minerale grezzo, con un risultato finale di kg. 408 di oro puro). Negli anni Cinquanta del Novecento l'attività estrattiva dava ancora lavoro a 300 operai, fino alla chiusura definitiva delle miniere nel 1961, causa l'obsolescenza delle tecnologie e la concorrenza straniera. Oggi la visita guidata consente di godere dello spettacolo naturalistico delle grotte, dei cunicoli, delle gallerie scavate nelle più segnate vene della montagna, in cui si rispecchia mirabilmente una tra le più complesse vicende orogenetiche di tutte le Alpi.
In località Guia, vicino all'omonima cascata, si trova la prima miniera d'oro delle Alpi, scoperta nel 1710. Tra le miniere ossolane, quelle di Macugnaga sono le miniere aurifere più importanti d'Italia. In particolare, la miniera della Guia costituisce uno dei luoghi da cui si ricavava l'oro presente come impurità nei minerali di pirite e di quarzo. La massima produzione è concentrata tra il 1937 e il 1945 (nel 1942 furono estratte 40.000 tonnellate di minerale grezzo, con un risultato finale di kg. 408 di oro puro). Negli anni Cinquanta del Novecento l'attività estrattiva dava ancora lavoro a 300 operai, fino alla chiusura definitiva delle miniere nel 1961, causa l'obsolescenza delle tecnologie e la concorrenza straniera. Oggi la visita guidata consente di godere dello spettacolo naturalistico delle grotte, dei cunicoli, delle gallerie scavate nelle più segnate vene della montagna, in cui si rispecchia mirabilmente una tra le più complesse vicende orogenetiche di tutte le Alpi.
Il museo-erbario è stato inaugurato nel 1993 nei locali dell'abitazione dello scultore Pierugo Tirozzo, donata dal medesimo alla Sezione di Varallo del CAI all'atto della sua morte, avvenuta nel 1987. Il Museo occupa il piano terra e il primo piano dell'edificio. Nell'atrio d'ingresso sono presentate, attraverso fotografie e documenti storici, le figure dell'Abate Carestia, del dott. Camillo e del prof. Tirozzo. In tre locali del piano terra e del primo piano sono presentati quasi un migliaio di fogli originali dell'Erbario dell'Abate Carestia, insigne botanico di Riva Valdobbia. Si tratta, in maggioranza, di fanerogame e in modesta parte di crittogame, pressate ed essiccate, raccolte quasi tutte in Valsesia, tra il 1854 e l'inizio del 1900, giunte fino a noi in ottime condizioni. Un'altra saletta al primo piano è riservata ad una pregevole raccolta di costumi fobellesi, posti su manichini o pannelli a muro.
Il museo-erbario è stato inaugurato nel 1993 nei locali dell'abitazione dello scultore Pierugo Tirozzo, donata dal medesimo alla Sezione di Varallo del CAI all'atto della sua morte, avvenuta nel 1987. Il Museo occupa il piano terra e il primo piano dell'edificio. Nell'atrio d'ingresso sono presentate, attraverso fotografie e documenti storici, le figure dell'Abate Carestia, del dott. Camillo e del prof. Tirozzo. In tre locali del piano terra e del primo piano sono presentati quasi un migliaio di fogli originali dell'Erbario dell'Abate Carestia, insigne botanico di Riva Valdobbia. Si tratta, in maggioranza, di fanerogame e in modesta parte di crittogame, pressate ed essiccate, raccolte quasi tutte in Valsesia, tra il 1854 e l'inizio del 1900, giunte fino a noi in ottime condizioni. Un'altra saletta al primo piano è riservata ad una pregevole raccolta di costumi fobellesi, posti su manichini o pannelli a muro.
All'interno del Museo, collocato nella sede dell'Istituto Itc, sono ospitati macchinari tecnici, strumenti elettrici di misurazione, macchine elettriche ed elettroniche. Costituito da un'unica sala, il piccolo museo è stato inaugurato nel 1991 grazie ad una donazione fatta da un privato, il quale possedeva molti apparecchi elettrici. Tra questi, i più importanti sono: una serie di tubi di Geissler, un antico congegno per la produzione dell'ozono, galvanometri a riflessione, strumenti di misura analogici, oltre a voltometri, amperometri, misuratori di isolamento, cassette di resistenza, oscilloscopi.
All'interno del Museo, collocato nella sede dell'Istituto Itc, sono ospitati macchinari tecnici, strumenti elettrici di misurazione, macchine elettriche ed elettroniche. Costituito da un'unica sala, il piccolo museo è stato inaugurato nel 1991 grazie ad una donazione fatta da un privato, il quale possedeva molti apparecchi elettrici. Tra questi, i più importanti sono: una serie di tubi di Geissler, un antico congegno per la produzione dell'ozono, galvanometri a riflessione, strumenti di misura analogici, oltre a voltometri, amperometri, misuratori di isolamento, cassette di resistenza, oscilloscopi.
Il 24 ottobre 1472, per opera del tipografo Antonio de Mattia di Anversa e con l'apporto economico del facoltoso Baldassarre Cordero, fu edito a Mondovì il primo libro stampato in Piemonte, il De Institutiones Confessorum di S. Antonino, Vescovo di Firenze. Incomincia così la storia dell'arte tipografica a Mondovì che continua attraverso l'esperienza tramandata di generazione in generazione da famiglie di abili tipografi. Il Museo Civico della Stampa è la più completa raccolta pubblica di macchine ed attrezzature per la stampa esistente oggi in Italia. Attraverso le sue collezioni sono rappresentate le principali fasi di questa affascinante arte e le sue più creative espressioni: la calcografia e la litografia. La parte più consistente delle macchine esposte proviene dalla collezione dell'ing. Ernesto Saroglia (1908-1989), messe a disposizione dall'Associazione Museo Universale della Stampa di Rivoli, cui si sono aggiunte quelle della Editrice Tipografia Moderna del Comm. Arnaldo Belloni di Nizza Monferrato ed alcune altre messe a disposizione dall'Associazione Amici di Piazza e dalla Provincia di Cuneo. Il Museo è ospitato nell'ex Collegio delle Orfane, in Mondovì Piazza, un grande e prestigioso edificio risalente alla metà del XVII secolo un tempo convento dei Carmelitani Scalzi.
Il 24 ottobre 1472, per opera del tipografo Antonio de Mattia di Anversa e con l'apporto economico del facoltoso Baldassarre Cordero, fu edito a Mondovì il primo libro stampato in Piemonte, il De Institutiones Confessorum di S. Antonino, Vescovo di Firenze. Incomincia così la storia dell'arte tipografica a Mondovì che continua attraverso l'esperienza tramandata di generazione in generazione da famiglie di abili tipografi. Il Museo Civico della Stampa è la più completa raccolta pubblica di macchine ed attrezzature per la stampa esistente oggi in Italia. Attraverso le sue collezioni sono rappresentate le principali fasi di questa affascinante arte e le sue più creative espressioni: la calcografia e la litografia. La parte più consistente delle macchine esposte proviene dalla collezione dell'ing. Ernesto Saroglia (1908-1989), messe a disposizione dall'Associazione Museo Universale della Stampa di Rivoli, cui si sono aggiunte quelle della Editrice Tipografia Moderna del Comm. Arnaldo Belloni di Nizza Monferrato ed alcune altre messe a disposizione dall'Associazione Amici di Piazza e dalla Provincia di Cuneo. Il Museo è ospitato nell'ex Collegio delle Orfane, in Mondovì Piazza, un grande e prestigioso edificio risalente alla metà del XVII secolo un tempo convento dei Carmelitani Scalzi.
Nato come collezione privata della famiglia Craveri, il Museo è stato donato al Comune di Bra e costituisce uno dei più interessanti e ricchi Musei di scienze naturali della regione. Le collezioni consistono essenzialmente in oggetti raccolti nel corso dei viaggi.
Nato come collezione privata della famiglia Craveri, il Museo è stato donato al Comune di Bra e costituisce uno dei più interessanti e ricchi Musei di scienze naturali della regione. Le collezioni consistono essenzialmente in oggetti raccolti nel corso dei viaggi.
Fondato nel 1980 su iniziativa del Gruppo Naturalisti di Stazzano, ha sede in villa Gardella e ospita un'importante collezione di minerali e fossili, uccelli, mammiferi, rettili, anfibi, insetti, vegetali. La superficie espositiva è suddivisa in cinque ambienti che comtengono: minerali provenienti da grotte e cave italiane, reperti fossili locali e rocce e strati dell'Appennino Ligure e resti antropologici, una collezione ornitologica comprendente uccelli dell'avifauna italiana, uova e nidi caratteristici e piccoli mammiferi, mammiferi carnivori, anfibi, rettili (vipere, colubri) dell'Appennino ligure, della Liguria e del Piemonte, oltre a pesci, crostacei e molluschi, insetti, farfalle indigene diurne e notturne e lepidotteri esotici, il più grande erbario della provincia di Alessandria, con 5.000 fogli.
Fondato nel 1980 su iniziativa del Gruppo Naturalisti di Stazzano, ha sede in villa Gardella e ospita un'importante collezione di minerali e fossili, uccelli, mammiferi, rettili, anfibi, insetti, vegetali. La superficie espositiva è suddivisa in cinque ambienti che comtengono: minerali provenienti da grotte e cave italiane, reperti fossili locali e rocce e strati dell'Appennino Ligure e resti antropologici, una collezione ornitologica comprendente uccelli dell'avifauna italiana, uova e nidi caratteristici e piccoli mammiferi, mammiferi carnivori, anfibi, rettili (vipere, colubri) dell'Appennino ligure, della Liguria e del Piemonte, oltre a pesci, crostacei e molluschi, insetti, farfalle indigene diurne e notturne e lepidotteri esotici, il più grande erbario della provincia di Alessandria, con 5.000 fogli.
Il Museo Civico Navale di Carmagnola è stato fondato nel 1996 per iniziativa del locale Gruppo dell'ANMI (Associazione Nazionale Marinai d'Italia) con lo scopo divulgare tematiche inerenti al mare e alla la tradizione marittima del Piemonte. Il legame che unisce il mare a Carmagnola passa per la coltivazione locale della canapa, che veniva lavorata dalle aziende artigiane del luogo per trasformarla in vele e cordami. Nacquero così solidi legami con la cantieristica navale della Riviera Ligure, della Francia e dell'Inghilterra e gli operai delle industrie carmagnolesi del settore nautico venivano chiamati a svolgere il servizio militare nella Regia Marina. La regione, pur non essendo bagnata dal mare, ha dato e continua a dare un notevole contributo alla Marina italiana in termini di uomini e di materiali. La collezione si articola in quattro sezioni: storia della Marina Italiana, attività navali dall'Unità d'Italia ad oggi, ambiente marino e modellismo navale. Tra gli oggetti più interessanti conservati presso le sale del museo: strumenti di misurazione, manometri di profondità come quello proveniente dal sommergibile Pikerel della US Navy o il periscopio in dotazione ai sommergibili della classe 'TOTI' insieme con uniformi, carte nautiche e modelli di nave.
Il Museo Civico Navale di Carmagnola è stato fondato nel 1996 per iniziativa del locale Gruppo dell'ANMI (Associazione Nazionale Marinai d'Italia) con lo scopo divulgare tematiche inerenti al mare e alla la tradizione marittima del Piemonte. Il legame che unisce il mare a Carmagnola passa per la coltivazione locale della canapa, che veniva lavorata dalle aziende artigiane del luogo per trasformarla in vele e cordami. Nacquero così solidi legami con la cantieristica navale della Riviera Ligure, della Francia e dell'Inghilterra e gli operai delle industrie carmagnolesi del settore nautico venivano chiamati a svolgere il servizio militare nella Regia Marina. La regione, pur non essendo bagnata dal mare, ha dato e continua a dare un notevole contributo alla Marina italiana in termini di uomini e di materiali. La collezione si articola in quattro sezioni: storia della Marina Italiana, attività navali dall'Unità d'Italia ad oggi, ambiente marino e modellismo navale. Tra gli oggetti più interessanti conservati presso le sale del museo: strumenti di misurazione, manometri di profondità come quello proveniente dal sommergibile Pikerel della US Navy o il periscopio in dotazione ai sommergibili della classe 'TOTI' insieme con uniformi, carte nautiche e modelli di nave.
Il Collegio Mellerio Rosmini ospita il Museo di Scienze Naturali, il Museo del Sempione, l'Osservatorio Geofisico, il Gabinetto di Fisica. La collezione del Museo di Scienze Naturali, attualmente conservata in quattro sale del Collegio, comprende animali, insetti, piante e minerali. Il ricchissimo materiale, è stato raccolto nel corso del tempo dai docenti di scienze dell'Istituto, secondo il gusto ed i criteri dell'erudizione scientifica ottocentesca.
Il Collegio Mellerio Rosmini ospita il Museo di Scienze Naturali, il Museo del Sempione, l'Osservatorio Geofisico, il Gabinetto di Fisica. La collezione del Museo di Scienze Naturali, attualmente conservata in quattro sale del Collegio, comprende animali, insetti, piante e minerali. Il ricchissimo materiale, è stato raccolto nel corso del tempo dai docenti di scienze dell'Istituto, secondo il gusto ed i criteri dell'erudizione scientifica ottocentesca.
Il progetto del Museo del Fiume è nato per preservare la memoria dell'alluvione del fiume Tanaro, che ha colpito la città nel novembre del 1994, e approfondire le problematiche che legano Alessandria ai suoi due corsi d'acqua. L'associazione di volontari Gruppo di Lavoro Alessandria Nord, che gestisce il Museo, si propone di divulgare e sensibilizzare i visitatori al rispetto e alla conoscenza del fiume e degli habitat creati dalle acque. La raccolta consta di documenti, studi, tesi di laurea e altri materiali scientifici e tecnici riguardanti il tragico avvenimento dell'alluvione e la successiva opera di ricostruzione. Attraverso materiale audiovisivo, pubblicazioni, percorsi didattici e visite guidate, il museo opera per la salvaguardia e la valorizzazione dell'ambiente. La struttura è stata dotata di una sala conferenze e di un salone attrezzato per ospitare mostre temporanee e svolgere attività scientifiche di gruppo in modo da rendere il museo, prima di tutto, 'una struttura viva in cui si va a fare qualche cosa'.
Il progetto del Museo del Fiume è nato per preservare la memoria dell'alluvione del fiume Tanaro, che ha colpito la città nel novembre del 1994, e approfondire le problematiche che legano Alessandria ai suoi due corsi d'acqua. L'associazione di volontari Gruppo di Lavoro Alessandria Nord, che gestisce il Museo, si propone di divulgare e sensibilizzare i visitatori al rispetto e alla conoscenza del fiume e degli habitat creati dalle acque. La raccolta consta di documenti, studi, tesi di laurea e altri materiali scientifici e tecnici riguardanti il tragico avvenimento dell'alluvione e la successiva opera di ricostruzione. Attraverso materiale audiovisivo, pubblicazioni, percorsi didattici e visite guidate, il museo opera per la salvaguardia e la valorizzazione dell'ambiente. La struttura è stata dotata di una sala conferenze e di un salone attrezzato per ospitare mostre temporanee e svolgere attività scientifiche di gruppo in modo da rendere il museo, prima di tutto, 'una struttura viva in cui si va a fare qualche cosa'.
Il Museo del Fungo e delle Scienze Naturali di Boves raccoglie numerose collezioni contenute in due grandi sale. Una sala è dedicata al fungo: 18 vetrine con oltre 1.100 esemplari che rappresentano 250 specie di funghi riprodotti in gesso o in resina. La seconda sala è occupata da fossili minerali, animali imbalsamati, rettili, conchiglie, crostacei e una raccolta di oltre 130 specie di farfalle del territorio cuneese. Interessante la sezione dedicata alla lavorazione di fibre esotiche, della seta e della ceramica. Da visitare anche l'angolo delle invenzioni con il termometro, il telefono e la macchina a vapore verticale.
Il Museo del Fungo e delle Scienze Naturali di Boves raccoglie numerose collezioni contenute in due grandi sale. Una sala è dedicata al fungo: 18 vetrine con oltre 1.100 esemplari che rappresentano 250 specie di funghi riprodotti in gesso o in resina. La seconda sala è occupata da fossili minerali, animali imbalsamati, rettili, conchiglie, crostacei e una raccolta di oltre 130 specie di farfalle del territorio cuneese. Interessante la sezione dedicata alla lavorazione di fibre esotiche, della seta e della ceramica. Da visitare anche l'angolo delle invenzioni con il termometro, il telefono e la macchina a vapore verticale.
Il Museo del Tempo e delle Meridiane di Bellino ha sede in Borgata Celle, nell'edificio della ex-scuola elementare. Il Museo racconta della storia di Bellino e della sua civiltà. Narra della cultura e della sapienza antica che hanno portato alla creazione dei quadranti solari e custodisce il ricordo dei personaggi che hanno saputo realizzarli. Il percorso di visita si articola in tre diversi ambienti: "La volta delle stelle", "La volta della gnomonica" e "La volta di Bellino". "La volta delle stelle" riproduce la costellazione del Piccolo Carro, poiché la stella polare è astro di riferimento fondamentale per la costruzione di una meridiana. "La volta della gnomonica" vuole essere un'introduzione al tema della gnomonica, ars magna lucis et umbrae, ed un primo approccio agli elementi costitutivi di un quadrante solare. Di qui, si è introdotti nell'ambiente più ampio de "La Volta di Bellino", spazio dedicato interamente a Bellino: il suo ambiente, la sua storia, la sua comunità, ma soprattutto qui è stata raccolta la documentazione relativa ai personaggi che hanno costruito i quadranti solari. Il museo è anche la tappa iniziale dell' 'itinerario turistico delle meridiane' locali : un patrimonio formato da circa trenta quadranti, realizzati per la maggior parte da artisti bellinesi tra il 1700 e il 1934, e si snoda dai 1.300 metri di borgata Ribiera ai quasi 1.900 metri delle grange Queiroun, Coulet e Coumbes, nei pressi di S. Anna.
Il Museo del Tempo e delle Meridiane di Bellino ha sede in Borgata Celle, nell'edificio della ex-scuola elementare. Il Museo racconta della storia di Bellino e della sua civiltà. Narra della cultura e della sapienza antica che hanno portato alla creazione dei quadranti solari e custodisce il ricordo dei personaggi che hanno saputo realizzarli. Il percorso di visita si articola in tre diversi ambienti: "La volta delle stelle", "La volta della gnomonica" e "La volta di Bellino". "La volta delle stelle" riproduce la costellazione del Piccolo Carro, poiché la stella polare è astro di riferimento fondamentale per la costruzione di una meridiana. "La volta della gnomonica" vuole essere un'introduzione al tema della gnomonica, ars magna lucis et umbrae, ed un primo approccio agli elementi costitutivi di un quadrante solare. Di qui, si è introdotti nell'ambiente più ampio de "La Volta di Bellino", spazio dedicato interamente a Bellino: il suo ambiente, la sua storia, la sua comunità, ma soprattutto qui è stata raccolta la documentazione relativa ai personaggi che hanno costruito i quadranti solari. Il museo è anche la tappa iniziale dell' 'itinerario turistico delle meridiane' locali : un patrimonio formato da circa trenta quadranti, realizzati per la maggior parte da artisti bellinesi tra il 1700 e il 1934, e si snoda dai 1.300 metri di borgata Ribiera ai quasi 1.900 metri delle grange Queiroun, Coulet e Coumbes, nei pressi di S. Anna.
Il 'Museo del Trasporto Ferroviario Attraverso le Alpi' occupa l'area dell'ex deposito locomotive e dell'officina delle Ferrovie dello Stato ed ha tra i suoi scopi quella di documentare i diversi momenti dell´evoluzione del sistema dei trasporti ferroviari. Per questo motivo, oltre ad ammirare alcuni mezzi storici, il visitatore può addirittura assistere al loro restauro e alla manutenzione ordinaria realizzata nelle officine stesse. Il museo dispone inoltre di un centro di documentazione tematica e di una sezione dedicata ai plastici e ai modellini ferroviari. Tra i mezzi ricoverati a Bussoleno ci sono le locomotive a vapore 940.041, 743.283, 640.143, le locomotive a corrente continua E 424.075, E 428.058, E 626.287 e un carro spartineve Vnx 806.
Il 'Museo del Trasporto Ferroviario Attraverso le Alpi' occupa l'area dell'ex deposito locomotive e dell'officina delle Ferrovie dello Stato ed ha tra i suoi scopi quella di documentare i diversi momenti dell´evoluzione del sistema dei trasporti ferroviari. Per questo motivo, oltre ad ammirare alcuni mezzi storici, il visitatore può addirittura assistere al loro restauro e alla manutenzione ordinaria realizzata nelle officine stesse. Il museo dispone inoltre di un centro di documentazione tematica e di una sezione dedicata ai plastici e ai modellini ferroviari. Tra i mezzi ricoverati a Bussoleno ci sono le locomotive a vapore 940.041, 743.283, 640.143, le locomotive a corrente continua E 424.075, E 428.058, E 626.287 e un carro spartineve Vnx 806.
Il Museo è nato nei locali dell'ex torneria della storica ditta di macchine agricole Orsi ed espone macchinari provenienti dalle collezioni private Orsi e Berri. Lo scopo principale dell'esposizione è documentare la produzione che ha caratterizzato l'azienda tra i primi del Novecento e gli anni '50 del secolo scorso. Tra i modelli in esposizione sono presenti alcuni esemplari di trattrici, locomobili, pressaforaggi, trebbiatrici e mietitrebbie.
Il Museo è nato nei locali dell'ex torneria della storica ditta di macchine agricole Orsi ed espone macchinari provenienti dalle collezioni private Orsi e Berri. Lo scopo principale dell'esposizione è documentare la produzione che ha caratterizzato l'azienda tra i primi del Novecento e gli anni '50 del secolo scorso. Tra i modelli in esposizione sono presenti alcuni esemplari di trattrici, locomobili, pressaforaggi, trebbiatrici e mietitrebbie.
Il Museo di Scienze della Terra, che si trova presso il Centro Studi Piero Gnocchi, raccoglie specie minerali rinvenute nel bacino dell'Ossola e sulle pendici del Mottarone. Inaugurato nel 1989, si articola in cinque sezioni: mineralogia, petrografia, giacimenti minerari, idrogeologia, geologia tecnica. La sezione di mineralogia ospita una ricca raccolta di minerali del Vco.
Il Museo di Scienze della Terra, che si trova presso il Centro Studi Piero Gnocchi, raccoglie specie minerali rinvenute nel bacino dell'Ossola e sulle pendici del Mottarone. Inaugurato nel 1989, si articola in cinque sezioni: mineralogia, petrografia, giacimenti minerari, idrogeologia, geologia tecnica. La sezione di mineralogia ospita una ricca raccolta di minerali del Vco.
Cinquant'anni di curiosità e passione per la scienza hanno animato il cavaliere Carlo Locca nel corso delle sue ricerche, culminate nella sua nutrita collezione, ora diventata un museo. Suddiviso in più sale espositive, il museo si articola nelle sezioni di mineralogia, paleontologia (con una raccolta di fossili che vanno dall'era Primaria alla Quaternaria), civiltà antiche, zoologia mondiale (la collezione di animali imbalsamati conta migliaia di pezzi tra cui pesci, mammiferi, uccelli, rettili).
Cinquant'anni di curiosità e passione per la scienza hanno animato il cavaliere Carlo Locca nel corso delle sue ricerche, culminate nella sua nutrita collezione, ora diventata un museo. Suddiviso in più sale espositive, il museo si articola nelle sezioni di mineralogia, paleontologia (con una raccolta di fossili che vanno dall'era Primaria alla Quaternaria), civiltà antiche, zoologia mondiale (la collezione di animali imbalsamati conta migliaia di pezzi tra cui pesci, mammiferi, uccelli, rettili).
Le raccolte che costituiscono il Museo di Storia Naturale nascono dall'iniziativa di Catherine Faraggiana Ferrandi e del figlio Alessandro che costituirono nel loro parco di Meina uno zoo e un museo, poi donato al comune di Novara. Allestite nel 1959 nel palazzo della famiglia Faraggiana Ferrandi, attraverso numerose successive acquisizioni, le raccolte vertebratologiche (mammiferi, rettili, uccelli e pesci) del museo sono diventate tra le più ricche del genere in Piemonte. Il percorso espositivo si articola in dodici sale e si apre con la trattazione di tematiche legate alla sistematica e all'evoluzione. Le due sale che seguono sono dedicate alla zoogeografia e introducono il visitatore alle successive, rivolte all'illustrazione delle varie tipologie ambientali italiane e della distribuzione della fauna in varie parti del mondo. Il nucleo principale dell'esposizione è costituito da specie locali ed esotiche allevate nel serraglio di Meina, cui si aggiunsero quelle portate dall´Africa e dall´Asia da Alessandro Faraggiana e altre donate dall´esploratore Ugo Ferrandi. Arricchitasi con successive donazioni, conta oggi circa 2400 esemplari, in gran parte mammiferi e uccelli.
Le raccolte che costituiscono il Museo di Storia Naturale nascono dall'iniziativa di Catherine Faraggiana Ferrandi e del figlio Alessandro che costituirono nel loro parco di Meina uno zoo e un museo, poi donato al comune di Novara. Allestite nel 1959 nel palazzo della famiglia Faraggiana Ferrandi, attraverso numerose successive acquisizioni, le raccolte vertebratologiche (mammiferi, rettili, uccelli e pesci) del museo sono diventate tra le più ricche del genere in Piemonte. Il percorso espositivo si articola in dodici sale e si apre con la trattazione di tematiche legate alla sistematica e all'evoluzione. Le due sale che seguono sono dedicate alla zoogeografia e introducono il visitatore alle successive, rivolte all'illustrazione delle varie tipologie ambientali italiane e della distribuzione della fauna in varie parti del mondo. Il nucleo principale dell'esposizione è costituito da specie locali ed esotiche allevate nel serraglio di Meina, cui si aggiunsero quelle portate dall´Africa e dall´Asia da Alessandro Faraggiana e altre donate dall´esploratore Ugo Ferrandi. Arricchitasi con successive donazioni, conta oggi circa 2400 esemplari, in gran parte mammiferi e uccelli.

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