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La difficile situazione di agriturismi e fattorie didattiche nel Piemonte

Il 2020 è stato un anno molto complicato per le aziende agrituristiche piemontesi. Dal primo lockdown ad oggi l’intero settore ha perso circa 15 milioni di euro, con una perdita media per ogni mese di chiusura del settore dell’enoturismo che si aggira attorno ai 600 mila euro.

Particolarmente bloccata è poi l’attività delle fattorie didattiche che, complice le molteplici chiusure delle scuole messe in atto dai governi in questi mesi, non ricevono visite consistenti da più di un anno. Un sondaggio condotto da Confagricoltura Piemonte sulle aziende agrituristiche associate – circa 300 imprese su un totale a livello regionale di 1.300 aziende – rileva che le perdite economiche che si aggirano intorno a una media del 65% per chi offre ristorazione; cresce al 70% per chi offre servizi di ospitalità e raggiunge addirittura il 95% per le strutture impegnate anche nell’organizzazione di eventi, cerimonie e attività legate alle fattorie didattiche. Numeri allarmanti, che rischiano di diventare fatali per molte aziende qualora non si trovino al più presto risposte adeguate da parte degli organi istituzionali.

E dire che nei mesi estivi del 2020 i segnali di ripresa per gli agriturismi erano stati piuttosto incoraggianti. Molti piemontesi rinunciavano, per scelta o perché costretti dai DPCM, alle classiche vacanze fuori regione o all’estero, per trascorrere le proprie ferie nei luoghi più suggestivi della regione, in mezzo alla natura e alle eccellenze enogastronomiche. Tuttavia, con la chiusura delle attività di ristorazione e pernottamento, il blocco di ogni attività in presenza (eventi, cerimonie locali, feste e fiere) a partire da ottobre, oltre che degli impianti sciistici per tutto l’inverno, la situazione è diventata ben presto critica per questo settore, che costituisce il 5,6% della quota nazionale. Le perdite economiche sono state ingenti su tutto il territorio, tanto che oggi circa il 20% delle attività di questo tipo sono a rischio chiusura definitiva, considerando che molte di esse hanno bassa redditività. La situazione migliora leggermente soltanto con quelle aziende che forniscono ristorazione e vendita diretta di prodotti enogastronomici, che hanno potuto continuare la loro attività, anche se a regime decisamente ridotto, attraverso la pratiche dell’asporto e della consegna a domicilio. Critica come forse nessun’altra è invece la situazione delle fattorie didattiche (circa 400 in Piemonte), chiuse da dopo l’estate (dove qualche attività è stata possibile, pur venendo da mesi di assoluta inattività) e senza vere prospettive di riapertura delle loro attività nell’immediato futuro. Anche riaprendo le scuole, infatti, risulta difficile pensare di organizzare gite fuori porta in un periodo come questo.

I provvedimenti governativi a sostegno delle aziende agrituristiche e quelle legate all’intrattenimento (come le fattorie didattiche) ci sono stati, come ad esempio il Decreto Ristori dello scorso novembre, destinato alle aziende il cui fatturato di aprile era inferiore ai 2/3 dei ricavi dell’aprile 2019. Tuttavia gli stessi imprenditori, esprimono con forza la necessità di misure più forti e consistenti, che possano concretamente rialzare le attività in ginocchio. In modo particolare, è Confagricoltura Piemonte a tracciare la linea delle riforme: servono uno snellimento delle procedure per l’erogazione dei ristori, l’azzeramento dei contributi previdenziali, l’eliminazione delle tasse locali, della raccolta rifiuti e televisive.

Provvedimenti, insomma, indispensabili, ma non certo realizzabili da un giorno all’altro. E così l’apparato agrituristico piemontese si accinge a vivere un weekend di Pasqua all’insegna della chiusura più totale, senza la possibilità di mettere in atto attività di ristorazione e pernottamenti. Un ulteriore grave colpo per un settore che praticamente da ottobre ad oggi è stato letteralmente fiaccato da questa situazione. La Pasqua, fino al 2019, di fatto apriva la stagione di molti agriturismi piemontesi, soprattutto quando coincideva col bel tempo, come pare accadrà anche quest’anno. L’impressione diffusa è che l’unico modo per far ripartire concretamente uno dei settori normalmente più vivaci dell’economia regionale sia quello di raggiungere al più presto una situazione sanitaria realmente sostenibile, soprattutto confidando sulle vaccinazioni. Ogni altro provvedimento o ristoro nel corso dell’ultimo anno, infatti, ha finito per rappresentare un semplice palliativo per le aziende agrituristiche piemontesi e non solo, risultando in certi casi anche utile, ma mai realmente risolutivo.


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