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Curiosità

Il Sancarlone di Arona, il colosso che ha ispirato la Statua della Libertà

Il Colosso di san Carlo Borromeo, conosciuto con il soprannome di Sancarlone, è una statua di rame su base di granito, situata ad Arona, in provincia di Novara, più precisamente nella frazione di San Carlo. È dedicata a Carlo Borromeo, vescovo e cardinale originario della cittadina, grande protagonista in tutte le maggiori vicende ecclesiastiche del Cinquecento, compreso il Concilio di Trento, di cui divenne uno dei principali portavoce. Era famoso per la sua bontà d’animo di fondo, la sua dedizione al proprio ruolo (pur discendendo da una delle famiglie più ricche del Nord Italia fece voto di carità) e per la sua attenzione verso gli ultimi, diventando da subito oggetto di venerazione per gli abitanti di Arona e del novarese in generale. Morì, quarantacinquenne, a Milano nel 1584 e fu canonizzato come santo nel 1610, solamente ventisei anni dopo la sua morte.

Da subito il popolo di Arona espresse il desiderio di dedicargli un monumento, che potesse celebrarne la grandezza e che, possibilmente, fosse visibile anche dal Lago Maggiore. Era prassi dell’epoca, in tutti i centri dell’Italia nord-occidentale, dedicare ai santi del posto interi monti, coronati da costruzioni sacre e monumenti ritraenti il defunto. Anche ad Arona si procedette, dunque, con la costruzione del Sacro Monte di San Carlo, su un’altura dalla quale la vista del lago è particolarmente suggestiva. Sulla cima ci sarebbe stato il colosso e tutto intorno ad esso un santuario e altre costruzioni di contorno che rendessero quel monte completamente consacrato a San Carlo. Il progetto, però ben presto si arenò, tanto che il santuario venne completato soltanto nel 1725, cioè un secolo dopo l’inizio della costruzione del Sancarlone.

Ciò che non subì rallentamenti fu invece la costruzione del colosso da dedicare a Borromeo. I lavori cominciarono nel 1624 per volere di suo cugino Federico, suo successore come Vescovo di Milano e proseguirono senza posa fino al 1698, quando il colosso fu completato e benedetto. La costruzione si configurò da subito come una meraviglia architettonica, che non poteva che far pensare al mitico Colosso di Rodi. È alta complessivamente 35 metri (come un palazzo di dieci piani), con un piedistallo granitico di circa 11,70 metri e la statua di rame di 23,40. Per più di due secoli rimarrà il monumento visitabile al suo interno più alto del mondo, e verrà superato nel 1886 dalla Statua della Libertà di New York (di 46 metri). L’aspetto che rese da subito il Sancarlone una costruzione incredibile agli occhi dell’uomo medio, fu senza dubbio il fatto che si potesse entrare all’interno del colosso. Attraverso una scala a chiocciola che si trasforma ben presto in una scala a pioli, infatti, si può raggiungere la testa del monumento e, attraverso delle aperture negli occhi del Santo, ammirare da lì lo splendido panorama del Lago Maggiore. Era una novità assoluta, almeno per il sentimento comune dell’epoca.

Ma il colosso di Arona è una meraviglia dell’architettura anche sotto l’aspetto strettamente tecnico. È composta di lastre di rame unite tra loro per mezzo di chiodi e tiranti in ferro (non esisteva ancora la tecnica della saldatura). Particolarmente impegnativi furono i lavori di completamento del braccio destro, quello benedicente, che si stacca dal corpo. Esso è in realtà una complessa struttura metallica semi-elastica, concepita e attrezzata per resistere alle raffiche di vento, frequenti nella zona. Una tecnica del genere rappresenta un’intuizione non da poco per l’architettura del Seicento, che rende il lavoro dei due scultori Siro Zanella di Pavia e Bernardo Falconi di Lugano, incredibile anche agli occhi dei contemporanei. Il disegno della statua, invece, fu realizzato dall’artista del posto Giovan Battista Crespi, detto “il Cerano”, che concepì la posa benedicente del santo sulla base della posizione in cui sarebbe stata collocata la statua, ovvero di fronte al lago, a simboleggiare la protezione del santo nei confronti della sua terra.

https://www.youtube.com/watch?v=8YYkTaEXLYw

La statua ha influenzato e ispirato moltissimi artisti e letterati nei secoli successivi, diventando da subito una tappa imprescindibile per coloro che fossero passati per il Lago Maggiore. È noto che il famoso architetto francese Frédéric-Auguste Bartholdi, avendo soggiornato ad Arona per un breve periodo, fu ispirato dal Sancarlone per la costruzione di quella che diventerà la sua opera più conosciuta, ovvero la Statua della Libertà. Nella targa apposta alla base del monumento newyorkese infatti, viene citato il colosso di Arona come primo ispiratore (a partire dal colore verdastro e dalle dimensioni). Inoltre il Sancarlone è diventato celeberrimo nell’immaginario collettivo novecentesco anche grazie al racconto “Sotto la Sua mano” dello scrittore luinese Piero Chiara. Un racconto dove emerge il lato anticlericale dell’autore che, con grande ironia, immagina che parte del rame utilizzati per la realizzazione del volto e della mano del santo provenissero dal blocco con cui era stato realizzato il membro del mitico Colosso di Rodi, statua di trenta metri che sorgeva nel porto della Rodi classica.

Se all’epoca della sua costruzione il Sancarlone non poteva che far pensare a una delle sette meraviglie del mondo antico, oggi la statua di Arona rimanda certamente il pensiero ad altre costruzioni oltre oceaniche come la sua “figlia” di New York e il Cristo Redentore di Rio de Janeiro. Il che rende il colosso di Arona un’autentica meraviglia, un capolavoro storico e architettonico che nobilita ulteriormente una delle zone più belle del Piemonte come quella del Lago Maggiore. Con poco più di venti minuti di macchina, infatti, si può raggiungere la località di Stresa, che con il suo magnifico lungolago che affaccia sulle celeberrime Isole Borromee , costellato da magnifici hotel, rappresenta una meta ambitissima anche dai turisti stranieri. La cittadina è divenuta celebre tra gli anni Quaranta e Cinquanta anche per aver ospitato diverse edizioni del Concorso di Bellezza di Miss Italia, ed è stata descritta e citata da molti scrittori nei loro romanzi (su tutti Hemingway in Addio alle armi e Georges Simenon in La casa dei Krull).


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